domenica 10 ottobre 2010

GOOGLE E L'INDICE DI INFLAZIONE


Chiamatela come volete: inflazione digitale, oppure inflazione 2.0, oppure cyberinflazione: Google la lega direttamente al suo nome al lancio di un nuovo indice sulla dinamica dei prezzi basato sui beni commerciati online.

I vantaggi rispetto alla tradizionale inflazione potranno essere velocità e bassi costi nella raccolta dei dati.

La decisione definitiva se pubblicare o meno questo indicatore non è stata ancora presa, ma intanto la notizia finisce in prima pagina sul Financial Times.

Così come le indicazioni che secondo il capo economista di Google, Hal Varian, ne sono già emerse da questo indicatore: negli Usa la debolezza dei prezzi è ben più marcata di quanto si creda. L'America è in piena deflazione, secondo "Google price index", o "Gpi", acronimo che richiama volutamente quello di "Consumer price index", o "Cpi" il termine inglese per "indice dei prezzi al consumo": l'inflazione appunto.

Google mette le mani avanti: non si tratta di una alternativa vera e propria ai dati sull'inflazione, ma di qualcosa in più. Gli istituti di statistica stiano tranquilli: il monitoraggio è ovviamente limitato a quei beni ampiamente commerciati in rete, ma diverse voci presenti negli indici ufficiali di inflazione sono quasi o del tutto escluse dalle vendite online. Però se l'elaborazione dell'inflazione tradizionale richiede un lungo lavorio, e addetti ad hoc da mandare in giro nei negozi a effettuare rilevazioni, la 'Googlinflazione' è molto più rapida nella raccolta dati.



Nessun commento: